I Maestri Fondatori
(Firenze 1883 – Livorno 1968)
Partecipa nel 1907 al Salon des Peintres divisionnistes italiens a Parigi e nel gruppo degli artisti del Caffè Bardi rappresenta con Benvenuto Benvenuti l’indirizzo divisionista, guardando all’insegnamento di Vittore Grubicy.
Nel 1912, nel 1914 e ancora nel 1922 è all’Esposizione Internazionale di Venezia. Alla costituzione del Gruppo Labronico è nominato Segretario-Tesoriere. Nel 1921 espone con Benvenuti alla I Biennale Romana nella sala in cui viene reso omaggio a Grubicy.
La sua limitata produzione artistica cessa all’inizio degli Anni Trenta quando abbandona la pittura per dedicarsi a una sua proprietà agricola.
(Livorno 1907-1969)
Autore di cui non si hanno molte notizie per il quale si riporta quanto scritto da Gastone Razzaguta nel libro Virtù degli artisti labronici: «Per Gino Cipriani la pittura rappresenta la vita giovanile di quando dedicava alla tavolozza il suo tempo disponibile e l’entusiasmo maggiore. E quella pittura era intessuta di tenuità smeraldine azzurre e viola in preferite visioni di giardini illuminati da un temperato divisionismo. Un soffio di poesia quasi crepuscolare alitava su quei fiori e in essi si fissava e si perdeva una passione che le svolte della vita dovevano far deviare. E così oggi il Cipriani andrebbe piuttosto considerato nella sua opera d’architettura, alla quale arte ha ormai dedicato la sua attività. Ma qui dev’essere ricordato come pittore, anche perché in quel tempo egli validamente cooperò all’affermarsi del “Gruppo Labronico”».
(Genova 1902 – Roma 1982)
Autodidatta, partecipa attivamente alla costituzione e alle prime quattro esposizioni del Gruppo, dal quale si dimette nel 1923, anche se nel 1924 è presente alla prima mostra fatta dal Gruppo alla Galleria Pesaro di Milano.
Dal 1928 al 1940 partecipa ininterrottamente alle Biennali di Venezia, espone alle mostre d’arte italiana a Buenos Aires, Atene, Budapest, nel 1937 all’Esposizione universale di Parigi e a varie Quadriennali a Roma, partecipa a tutte le mostre sindacali livornesi e regionali.
Maestro vetraio, animatore della vita culturale livornese della prima metà del Novecento, fonda all’interno della Vetreria Italiana a Livorno una scuola d’arte formandovi allievi come Voltolino Fontani e Mario Ferretti.
(Tunisi 1894 – Firenze 1974)
Autodidatta di sicuro temperamento esordisce nel 1920, espone con il Gruppo Labronico alle prime mostre di Livorno, San Remo, Roma e nel ’24 a Milano nella prima mostra del Gruppo alla Galleria Pesaro.
Carrà ne riconosce la personalità preminente; è in contatto con vari ambienti artistici a Roma e Firenze; dal ’28 al ’30 è a Marsiglia e Parigi, espone in numerose personali.
Le sue figurazioni sintetiche con gamme cromatiche su valori tonali rappresentano un apporto originale alla cultura figurativa labronica.
Fino agli ultimi anni di vita è un impegnato propulsore della vita artistica.
(Livorno 1883 – 1965)
Fin da giovanissimo lavora come decoratore d’interni, ciò che gli varrà il soprannome di “Borchia” per gli innumerevoli motivi decorativi affrescati, padroneggiando ogni tecnica pittorica. Nella “branca” del Caffè Bardi, temibile per battute e giudizi graffianti, promuove l’idea di decorarne la sala; dipinge il sipario del Teatro Goldoni in occasione della prima livornese di Parisina;
nel 1913 è alla I Mostra d’Arte della Secessione a Roma. Dopo il 1920 partecipa a quasi tutte le mostre del Gruppo Labronico dell’anteguerra e nel 1946, con Filippelli, March, Natali, Razzaguta e Romiti, ne promuoverà la ripresa. Le composizioni floreali, con poesia mai leziosa, divengono la figurazione dominante della sua produzione.
(Livorno 1883 – 1979)
Il suo percorso formativo è da subito autonomo e personale, come del tutto originale è la sua figurazione, nella quale propone una visione notturnista e teatralizzante della Livorno popolare.
Sin dall’esordio nel 1905 alla VI Esposizione Internazionale di Venezia (dove tornerà a esporre nel 1907, 1910, 1922 e 1930), si conferma personalità artistica di spicco. Tra gli artisti del Caffè Bardi, Natali è al centro delle discussioni più impegnate come delle allegre scorribande notturne e partecipa a decorarne la sala con opere importanti.
Nel 1912 vince la medaglia d’oro alla I Mostra d’Arte ai Bagni Pancaldi, dove allaccia un rapporto di stima e amicizia con il commediografo Dario Niccodemi, che lo ospita a Parigi. Dal 1920 espone in tutte le mostre del Gruppo Labronico (di cui sarà Presidente dal 1977 al 1979), in un crescendo di consensi, con importanti acquisizioni museali e prestigiose esposizioni (Buenos Aires, Pittsburgh, Atene).
Si stabilisce un suo personale primato artistico e la sua opera è riconosciuta come quella di colui che, con assoluta singolarità espressiva, ha colto la vena popolare profonda della Livorno d’inizio secolo, trasmettendone un’interpretazione autentica.
(Livorno 1890 – 1950)
Sicuro temperamento artistico indirizzato verso una figurazione d’analisi psicologica e più tardi verso la letteratura, nella sua produzione rappresenta il dramma quotidiano del vivere, in una visione grottesca e laida, con una conduzione tecnica del colore di elegante qualità formale.
Con attenzione volta a figure dolenti e reiette, un’umanità “avvilita dalla miseria, abbrutita dal vizio, facile alla violenza”, Razzaguta è un fascinoso interprete di quell’umore, salmastroso e picaresco, che connotava la Livorno d’inizio ’900.
Nel 1922 espone alla Primaverile fiorentina, nel ’24 a Venezia è nella Sala 36 con Viani, Carpi, De Chirico e Libero Andreotti. Il suo impegno nel Gruppo Labronico, di cui è Segretario dal 1921 al 1950, è caratterizzato da un generoso quanto straordinario impegno.
Nel 1943 pubblica Virtù degli Artisti Labronici, che costituisce l’imprescindibile fonte di conoscenza della vita artistica livornese dei primi decenni del secolo XX.
(Livorno 1880 – 1947)
Indirizzato da Ugo Manaresi e poi da Guglielmo Micheli, di entrambi adotta il genere “marinista” approfondendo cromaticamente l’analisi atmosferica. Partecipa, dopo la fondazione, alla I Mostra del Gruppo al Palace Hotel e ad altre successive.
(Livorno 1881 – 1967)
Si forma alla scuola di Gugliemo Micheli, del quale è allievo fedele, avendovi compagni Manlio Martinelli, Llewelyn Lloyd, Amedeo Modigliani, Aristide Sommati. Esordisce alla Permanente di Milano nel 1898, è all’Esposizione d’Arte a Venezia nel 1908 e nel 1912, tornando poi alla Biennale nel 1952. Già considerato artista affermato nella “branca” del Caffè Bardi, concorre a decorarne la sala nel 1911 con la grande tela Nascita di Venere.
In quell’ambiente artistico, Romiti condivide con accentuazione mistico-evangelica un relativo interesse per le teorie simboliste, che esprime con declinazioni divisioniste, in particolare nei “fondi marini”, concepiti come fluide rappresentazioni oniriche.
È nel suo studio che il 15 luglio 1920 si costituisce il Gruppo Labronico, del quale è stato Presidente dal 1946 sino alla scomparsa.
(Firenze 1893 – Livorno 1964)
Ferruccio Rontini nasce a Firenze il 12 settembre 1893 da Augusto Rontini e Noemi Ferri di origini senesi.
I suoi esordi espositivi datano al 1914 quando nella città di Livorno prende parte ad una mostra collettiva con i colleghi Mario Cocchi, Eugenio Caprini, Gabriele Gabrielli e lo scultore Cesare Tarrini.
L’anno successivo Ferruccio si diploma a pieni voti presso l’Accademia di Firenze, mentre nel 1916 consegue la patente per l’insegnamento.
Il pittore durante gli eventi legati al Primo Conflitto Mondiale, parte per il fronte come Ufficiale del terzo Alpini, senza, tuttavia, interrompere la pratica artistica.
Finita la guerra il nostro troverà ristoro contemplativo e creativo nella terra di Maremma presso la tenuta del Conte Vanni Desideri a Poggio all’Agnello.
Il 15 luglio 1920 Rontini è nello studio di Gino Romiti partecipe della fondazione del Gruppo Labronico, con il quale espone già nella prima “presentazione ufficiale” nel mese di agosto nelle sale del Palace Hôtel con due dipinti.
Negli anni venti e poi per tutta la vita, Ferruccio alternerà la sua produzione tra la città di Livorno e gli incantevoli luoghi del Mugello, non mancando in questo decennio e nel successivo di prendere parte a numerose esposizioni.
Nel 1952 l’artista, sostenuto dal figlio pittore Giulio da Vicchio, inaugura a Livorno uno studio in via Mayer 6 desideroso di promuovere un contatto diretto con i collezionisti e amatori d’arte.
Costante in questi anni è il suo supporto all’attività culturale svolta dal sodalizio fino al 1964, anno della sua scomparsa.
Nel 2018 una sua vasta antologica si è tenuta presso i Granai di Villa Mimbelli a Livorno curata da Vincenzo Farinella con il supporto della nipote del pittore Alessandra che ne cura l’archivio
(Chianni 1885 – Livorno 1953)
Scultore, già artigiano intagliatore, utilizza vari materiali nelle sue opere di soggetto civile e religioso per committenze pubbliche e private. Di efficace robustezza è la sua attività di xilografo.
Partecipa dalla fondazione a tutte le esposizioni del Gruppo Labronico fino al 1928, quando si dimette per esservi riammesso nel dopoguerra.
(Livorno 1903 – Pisa 1992)
Già giovanissimo frequentatore del Caffè Bardi, condivide l’indirizzo divisionista che declina con luminosità pulviscolari d’ispirazione grubicyana. Collabora a vari periodici come disegnatore satirico, poi inizia un’approfondita assimilazione delle tecniche del restauro del dipinto antico, godendo di un esteso riconoscimento in committenze pubbliche e private. Non abbandona mai la produzione artistica che espone in numerose personali. Nel 1981 è eletto Presidente del Gruppo Labronico, realizzandone nel 1988 lo storico impegno alla traslazione delle spoglie di Mario Puccini nel Famedio di Livorno.
(Livorno 1884 – 1939)
Già figura assidua e tra le più caratteristiche del Caffè Bardi, negli Anni Venti e Trenta è uno degli xilografi più impegnati nella decorazione editoriale (Bollettini di Bottega d’Arte, Liburni Civitas, Rivista di Livorno) Nel 1916 è a Londra all’Esposizione di Incisione Italiana, dal 1920 al 1928 a Venezia all’Esposizione Internazionale e poi dal 1930 al 1936 alla Biennale; nel 1931, con Guzzi, Natali e Romiti, è invitato all’Esposizione Internazionale di Atene.